fisica – Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it Wed, 13 Mar 2024 12:59:18 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 http://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png fisica – Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it 32 32 The sound of science http://www.semidiscienza.it/2024/02/24/the-sound-of-science-2/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=the-sound-of-science-2 http://www.semidiscienza.it/2024/02/24/the-sound-of-science-2/#respond Sat, 24 Feb 2024 08:07:19 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=2659 Dopo il successo al Festival della Scienza di Genova del 2022, ritorna disponibile per il pubblico The Sound of Science – La musica ti racconta la Fisica.

The Sound of Science è una mostra che illustra la musica come linguaggio per raccontare la scienza attraverso canzoni che trattano, nel testo o nella copertina dell’album, concetti di fisica.
Qual è il fenomeno fisico rappresentato sulla famosa copertina di The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd? Cosa lega la teoria delle stringhe all’indie italiano? Dai Pink Floyd ai Muse, da Florence and The Machine a I Cani alle melodie di Hair, uno dei musical più famosi della storia, sarete guidati da una canzone (e da una copertina) all’altra per scoprire alcuni dei concetti più affascinanti della fisica: i quark, la relatività, la teoria delle stringhe, la precessione degli equinozi, le stelle pulsar, l’entropia e le leggi della termodinamica, le proprietà ottiche della luce… la fisica come non l’avete mai ascoltata vi aspetta!

La mostra sarà visibile a Milano presso Portineria 14 per tutto il mese di Febbraio.

Il 23 Febbraio a partire dalle ore 19:00 noi di Semi di Scienza saremo lì per guidarvi alla scoperta dei pannelli, passate a trovarci.

Ingresso gratuito

1 – 29 Febbraio 2024

PORTINERIA14  via Troilo, 14 Milano

Tel.: 0283521290

  Portineria 14 è chiuso il martedì

Scarica il CATALOGO DELLA MOSTRA

Per maggiori informazioni: direttivo@semidiscienza.it

Referente: Adriana Vernice

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The Sound of Science http://www.semidiscienza.it/2022/10/14/the-sound-of-science/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=the-sound-of-science http://www.semidiscienza.it/2022/10/14/the-sound-of-science/#respond Fri, 14 Oct 2022 20:45:42 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1902

Per la prima volta approdiamo al Festival della Scienza di Genova!

Lo abbiamo sognato tanto e finalmente eccoci con un evento scientifico sulla musica!

The Sound of Science è una mostra che illustra la musica come linguaggio per raccontare la scienza attraverso canzoni che trattano, nel testo o nella copertina dell’album, concetti di fisica.
Qual è il fenomeno fisico rappresentato sulla famosa copertina di The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd? Cosa lega la teoria delle stringhe all’indie italiano? Dai Pink Floyd ai Muse, da Florence and The Machine a I Cani alle melodie di Hair, uno dei musical più famosi della storia, sarete guidati da una canzone (e da una copertina) all’altra per scoprire alcuni dei concetti più affascinanti della fisica: i quark, la relatività, la teoria delle stringhe, la precessione degli equinozi, le stelle pulsar, l’entropia e le leggi della termodinamica, le proprietà ottiche della luce… la fisica come non l’avete mai ascoltata vi aspetta!

Ingresso gratuito.

Prenotazione obbligatoria per la visita guidata del giorno 29 ottobre, accedendo all’area riservata qui.

20-29 ottobre 2022
Biblioteca Berio
via del Seminario 16, Genova

Scarica la locandina

Per maggiori informazioni: direttivo@semidiscienza.it

Referente: Adriana Vernice

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Il Nobel per la Fisica alla… telepatia http://www.semidiscienza.it/2022/10/13/il-nobel-per-la-fisica-alla-telepatia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-nobel-per-la-fisica-alla-telepatia http://www.semidiscienza.it/2022/10/13/il-nobel-per-la-fisica-alla-telepatia/#respond Thu, 13 Oct 2022 08:59:04 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1881

di Luciano Celi

Il titolo è scherzoso, ma la riflessione che segue sarà serissima. Si tratta del Nobel agli sviluppi di una scoperta – anzi: una verifica – che risale esattamente a quarant’anni fa: quella dell’entanglement di due particelle subatomiche.

Prima di addentrarci in spiegazioni, facciamo un passo indietro per cercare di capire di cosa stiamo parlando. Innanzitutto parliamo del mondo subatomico, ovvero di tutte quelle che costituiscono la materia, ma di cui abbiamo traccia solo attraverso potentissimi strumenti capaci di rilevarle. E di particelle delle dimensioni più piccole di un atomo ce ne sono tantissime, un vero e proprio “zoo” che premi Nobel, sempre per la Fisica nel 1969, come Murray Gell-Mann tentarono di organizzare, un po’ come accade per la tabella periodica degli elementi in Chimica.

Apriamo un inciso che vede il mutuo scambio tra discipline un po’ esoteriche come la Meccanica Quantistica e altre discipline come la letteratura o addirittura una delle correnti del buddhismo – e forse non è un caso che questi mutui “prestiti” avvengano proprio in queste discipline di confine. Proprio a Gell-Mann infatti si deve la definizione di Quark, presa di peso da quel libro – un po’ astruso per la verità – che è il Finnegans Wake di James Joyce. Secondo quanto riferisce lo stesso Gell-Mann il nome suonò bene proprio durante il periodo in cui scoprì la particella e leggeva quel libro che, in un punto recita a mo’ di filastrocca:

Three quarks for Muster Mark!

Sure he has not got much of a bark

And sure any he has it’s all beside the mark.

E, sempre Gell-Mann, al fine di organizzare al meglio tutto questo trovar particelle a destra e a manca immaginò e teorizzò una “via dell’ottetto” in onore alla tradizione buddhista del Nobile Ottuplice Sentiero, che potremmo definire come una specie di insieme di precetti per una buona vita e forse, anche, impegnandosi, per accedere a forme di conoscenza superiori. Vale la pena riportarne le voci qui di seguito:

  1. Retta visione
  2. Retta intenzione
  3. Retta parola
  4. Retta azione
  5. Retta sussistenza
  6. Retto sforzo
  7. Retta presenza mentale
  8. Retta concentrazione.

Ma perché raccontare tutto questo? Perché è un modo per mostrare come il mondo della Meccanica Quantistica ben presto possa abituarci agli effetti più sorprendenti che accadono in Natura a livello subatomico, uno dei quali appunto è oggetto del Nobel assegnato quest’anno.

Partiamo quindi da cosa è esattamente questa faccenda dell’entanglement (parola inglese che coniò Erwin Schrödinger a suo tempo): secondo la teoria quantistica (a seguito del celebre esperimento della doppia fenditura), infatti, pur lasciando che due particelle entangled si allontanino tra loro anche per chilometri, nel preciso istante in cui si effettua una misura sulla prima particella avremmo istantaneamente informazioni anche sull’altra particella, lontanissima. Per essere precisi e usare la terminologia dei fisici, misurando la particella A inevitabilmente la sua funzione d’onda collassa in un singolo valore possibile, quello da noi misurato. Einstein – che senz’altro possiamo definire persona di ampie vedute nell’ambito della Fisica – era sconcertato da questo e soprattutto dalle sue conseguenze: secondo la teoria quantistica infatti, istantaneamente anche la funzione d’onda della seconda particella (che nessuno ha misurato e prosegue liberamente) dovrebbe collassare, così che entrambe iniziano a comportarsi come se fossero una singola particella. Questo significherebbe che facendo passare la particella B per una doppia fenditura come nell’esperimento di Young non avremmo alcuna interferenza.

Ma questo significherebbe tacitamente affermare che “l’informazione” che in qualche modo unisce le due particelle gemelle possa andare da una all’altra a una velocità superiore a quella limite della luce. Dato non ritenuto plausibile. Celebre in tal senso l’enunciato del paradosso EPR che fu quasi una vera e propria presa di posizione di fronte all’ennesima stramberia della Meccanica Quantistica: questo paradosso faceva perno sul dato consolidato che niente può viaggiare a una velocità superiore a quella della luce, mentre invece pare che sia proprio così. All’epoca c’era da stabile chi avesse ragione, ma tra le speculazioni teoriche – e la (tanta) matematica che poteva andarvi a suffragio – e l’ideare un esperimento che potesse in qualche modo far da verifica dovette passare ancora qualche anno.

Solo nel 1964 John Stuart Bell tirò fuori da questo paradosso una formula che permetteva di iniziare a pensare a degli esperimenti che potessero verificare o meno chi avesse ragione tra Einstein e la comunità scientifica pro-teoria quantistica. Era sufficiente controllare se venivano rispettate delle disuguaglianze (le disuguaglianze di Bell, appunto): in caso affermativo Einstein avrebbe avuto ragione, in caso contrario ancora una volta sarebbe stata confermata la contro intuitiva azione istantanea a distanza postulata dalla fisica quantistica. Gli esperimenti erano comunque troppo complessi da mettere in pratica per l’epoca e il primo a riuscire ad avere dei risultati accettabili fu Alain Aspect nel 1982, che riuscì a creare due fotoni entangled, spedirli in direzioni diverse ed effettuare una misurazione sul primo osservando le modifiche sulla seconda particella, a 13 metri di distanza. Le disuguaglianze di Bell erano negate, si confermava che la misura di una particella modificava istantaneamente la sua controparte entangled e quindi Einstein aveva torto. 

Gli esperimenti sono proseguiti fino ad oggi e nel 2008 un gruppo di ricercatori dell’Università di Ginevra ha lanciato due fotoni entangled dall’università fino a due paesi vicini, attraverso un tunnel quantistico in fibre ottiche che non interferiva con le singole particelle. Dopo un viaggio di quasi 18 km, sono state calcolate le disuguaglianze di Bell e dimostrato con ancor maggiore sicurezza che Einstein si sbagliava: i due fotoni cambiano stato simultaneamente, quindi se si ponesse una doppia fenditura in ognuna delle due città, alla misurazione del primo fotone anche il secondo smetterebbe istantaneamente di creare le forme di interferenza, perché strettamente correlato con il primo. Quest’anno, proprio a partire da Alain Aspect, che tra i primi tentò una verifica sperimentale, il Nobel va quindi a “consacrare” l’alto valore di questa scoperta per i suoi potenziali legati alla tecnologia: particelle che possono “dare informazioni” sul loro stato seppure lontanissime e prive di ogni forma di altra comunicazione che non sia legata a questo fenomeno dell’entanglement. Insomma, potremmo quasi dire di aver dato le basi scientifiche della telepatia!

È quindi comprensibile che fenomeni della Meccanica Quantistica come questo, potessero venir rifiutati concettualmente da menti pure eccezionali come quella di Einstein.

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Semi di Scienza LIVE http://www.semidiscienza.it/2021/06/19/semi-di-scienza-live-3/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=semi-di-scienza-live-3 http://www.semidiscienza.it/2021/06/19/semi-di-scienza-live-3/#respond Sat, 19 Jun 2021 13:54:42 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1423 TERZA PUNTATA

VENERDI’ 25 GIUGNO 2021 ALLE ORE 18 SUL NOSTRO CANALE YOUTUBE!

Parleremo di fisica quantistica e musica rock, come sono legate?

Qui il link per seguire l’evento: https://youtu.be/NTh8nd-94go

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科学のたね Your Name: Anime e fisica quantistica http://www.semidiscienza.it/2021/05/24/%e7%a7%91%e5%ad%a6%e3%81%ae%e3%81%9f%e3%81%ad-your-name-anime-e-fisica-quantistica/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=%25e7%25a7%2591%25e5%25ad%25a6%25e3%2581%25ae%25e3%2581%259f%25e3%2581%25ad-your-name-anime-e-fisica-quantistica http://www.semidiscienza.it/2021/05/24/%e7%a7%91%e5%ad%a6%e3%81%ae%e3%81%9f%e3%81%ad-your-name-anime-e-fisica-quantistica/#respond Mon, 24 May 2021 15:17:13 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1408 Una delle teorie scientifiche che più mi affascinano è la teoria del cosiddetto Wormhole, detta anche “Teoria dei Ponti di Einstein e Rosen”.

Un wormhole è propriamente un tunnel spazio-temporale che, in teoria, collega due buchi neri. Questi collegamenti, infatti, sarebbero creati dall’immensa forza gravitazionale di essi, e al loro interno lo spazio e il tempo sarebbero molto diversi da come li conosciamo. Teoricamente, entrando da un punto del tunnel si uscirebbe quasi istantaneamente dall’altra parte, nonostante questi due punti possano essere separati miliardi di anni luce.

Per fare un esempio pratico, pensiamo di dover unire su un foglio di carta, con una matita, due punti posti a una certa distanza l’uno dall’altro. Se il foglio è steso, dovremmo fare un tratto lungo quanto la distanza tra i due punti (percorso indicato dalla freccia rossa). Ma se invece piegassimo il foglio in modo da far sfiorare i due punti e, con la stessa matita, forassimo il foglio e quindi creassimo un collegamento tra i due punti, essi stessi sarebbero uniti in un percorso più breve (freccia verde). Ora immaginiamo che il foglio di carta sia lo spazio-tempo e lo spazio tra i due punti sia il tunnel del wormhole.

I wormhole permetterebbero di fare cose che attualmente sono impossibili, come per esempio spostarci in tempo zero da una parte all’altra dell’universo, oppure addirittura fare un viaggio nel futuro!

Adesso potrebbe risultare spontanea una domanda: Ivan, perché hai usato varie volte le parole “in teoria” e perché hai usato così tanti verbi al condizionale?

La risposta è la seguente: non sappiamo nulla sulla loro esistenza.

Secondo le leggi della fisica che attualmente conosciamo è impossibile che si formi un wormhole nel nostro universo, perché altrimenti sarebbe troppo instabile e collasserebbe immediatamente. Inoltre, secondo il fisico Daniel Jafferis, ricercatore dell’Università di Harvard, paradossalmente impiegheremmo più tempo a passare all’interno di un wormhole che a fare “la strada normale”, perché per entrare in un buco nero abbiamo bisogno di energia negativa, che si contrappone alla gravità, facendoci consumare più energia di quella necessaria.

La bellezza della scienza, però, è proprio la possibilità che dà di fantasticare sui limiti stessi che cerca di comprendere e superare.

Pensate se esistesse davvero la possibilità di viaggiare nel tempo e nello spazio! E pensate se nel farlo ci si trovasse casualmente nei panni di qualcun altro… C’è un anime, che è tra i miei preferiti, che in un certo verso tratta questo tema. È Your Name, o  君の名は。(Kimi no na wa., ovvero “Qual è il tuo nome.”) nella versione originale.

Your Name ha, apparentemente, una trama molto semplice: Taki e Mitsuha sono rispettivamente un ragazzo e una ragazza giapponesi. Lei vive in un piccolo borgo di campagna e, stanca di stare lì, un giorno esclama che avrebbe preferito essere un ragazzo di Tokyo. Il giorno dopo si sveglia e si accorge di essere diventata un’altra persona… proprio un ragazzo che vive a Tokyo! La sera di quel giorno va a dormire come ragazzo e il giorno dopo si risveglia come ragazza, con il suo corpo originario. Quel giorno, durante un’ora scolastica apre un quaderno e scopre che, nel mentre che lei era diventata un ragazzo, una persona “le aveva occupato il corpo”: il suo nome era Taki, l’altro protagonista della vicenda. Da quel momento in poi si scambiano il corpo circa un paio di volte a settimana e iniziano a conoscersi e a comunicare lasciandosi uno sul telefono dell’altro dei messaggi. Per evitare eventuali anticipazioni e spoiler, dirò solamente che questa magia ha causato loro vari problemi. I due ragazzi, infatti, non vivevano nello stesso momento, bensì Taki si “collegava” con la Mitsuha di tre anni prima e, al contrario, Mitsuha scambiava il corpo con il Taki di tre anni dopo.

Come possiamo vedere, questo anime non ha una vera e propria base scientifica, in quanto è semplicemente un film romantico/drammatico, ma possiamo dire che si ispira alla teoria dei wormhole di cui ho parlato precedentemente. Ovviamente qui viene vissuto tutto al limite tra la realtà e il sogno: infatti il titolo Your Name si riferisce al fatto che i ragazzi tendono a dimenticare l’uno il nome dell’altro, proprio come avviene con i ricordi di un sogno che piano piano svaniscono. Però è bello poter fantasticare sulle enormi potenzialità della scienza e immaginare che anche le teorie più estreme possano prima o poi prendere vita.

Autore: Ivan Merlo, classe I Liceo Scientifico Gobetti-Volta, Firenze

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Il futuro elettrico del nostro passato http://www.semidiscienza.it/2019/03/31/il-futuro-elettrico-del-nostro-passato%ef%bb%bf/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-futuro-elettrico-del-nostro-passato%25ef%25bb%25bf http://www.semidiscienza.it/2019/03/31/il-futuro-elettrico-del-nostro-passato%ef%bb%bf/#respond Sun, 31 Mar 2019 07:57:05 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=406 Siamo in Francia nel 1899 quando i 100 km/h vengono superati per la prima volta da un’auto elettrica. Pochi anni dopo, nel 1909, in Italia il futuro sembra elettrico e le prestazioni lo confermano: una delle prime auto elettrica italiane ha 10 cavalli di potenza, raggiunge la velocità di 30 km/h e possiede un’autonomia di 80/90 km.


1899 – Francia – La “Jamais contente” ha motore elettrico e una carrozzeria aerodinamica che le permette di raggiungere i 105 km/h
Torino – Museo dell’automobile

1909 – Italia – Una delle prime auto elettriche italiane aveva autonomia per 80/90 km/h
Torino – Museo dell’automobile

Lo sviluppo delle auto elettriche e di quelle con motore a scoppio prosegue in parallelo fino all’inizio delle due guerre mondiali. In quegli anni gli stati scelgono di non investire nell’elettrico in quanto il motore a scoppio dimostra da subito una crescita più rapida, così il progetto delle auto elettriche viene abbandonato.

Negli ultimi anni molte case automobilistiche, la Tesla su tutte, stanno investendo molto sull’auto elettrica grazie all’invenzione della batteria a litio che garantisce perfomance di tutto rispetto. Basti pensare che la Tesla vanta un’autonomia di 700 km, con tempi di ricarica cha vanno dalla mezz’ora all’ora.

Il fenomeno fisico che permette la conversione dell’energia elettrica in energia meccanica di movimento è l’induzione elettromagnetica. In pratica la corrente elettrica genera un campo magnetico variabile che è in grado di far ruotare un conduttore, come possiamo osservare dal semplice esperimento mostrato nel video.

L’induzione elettromagnetica

Tenendo conto di tutto il processo di produzione, della vita media dell’auto, e della demolizione, il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino ha calcolato le emissioni di C02 medie in base all’alimentazione:

Benzina – 111 g/km

Diesel – 108 g/km

Elettrica – 51 g/km

Nei primi anni del ‘900 nessuno si poneva il problema dell’inquinamento, il progresso aveva la priorità su tutto. Oggi invece siamo obbligati a trovare soluzioni rapide per il cambiamento climatico e sorge spontanea una domanda: in che mondo vivremmo se fin da subito avessimo investito sul motore elettrico?

Prof. Marco Reho

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