Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it Sat, 14 Jun 2025 16:32:43 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 http://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it 32 32 Radio di Semi di Scienza Junior: quando la voce diventa seme di conoscenza http://www.semidiscienza.it/2025/06/14/radio-di-semi-di-scienza-junior-quando-la-voce-diventa-seme-di-conoscenza/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=radio-di-semi-di-scienza-junior-quando-la-voce-diventa-seme-di-conoscenza http://www.semidiscienza.it/2025/06/14/radio-di-semi-di-scienza-junior-quando-la-voce-diventa-seme-di-conoscenza/#respond Sat, 14 Jun 2025 16:32:43 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=3104 (Articolo scritto dal gruppo radio 2025 della secondaria di primo grado Vincenzo Galilei di Pisa. Disegno realizzato dallo studente Jacopo Grilli)

Nei mesi scorsi abbiamo partecipato con entusiasmo a un corso dedicato alla webradio, un’esperienza nuova e coinvolgente che abbiamo deciso di chiamare “Radio di Semi di Scienza Junior”, in onore dell’associazione “Semi di Scienza”, di cui il nostro professore Yuri Galletti è presidente.

Abbiamo trasmesso il nostro primo live direttamente dall’aula magna della scuola secondaria di primo grado Vincenzo Galilei di Pisa, parte dell’Istituto Comprensivo omonimo situato nel quartiere Cisanello-Pisanova. Uno spazio che per noi si è trasformato in un vero e proprio studio radiofonico, dove abbiamo messo in pratica tutto ciò che avevamo imparato durante circa 40 ore di corso.

Il progetto ha coinvolto ragazze e ragazzi delle classi terze, con la partecipazione anche di uno studente di seconda. Insieme abbiamo formato un gruppo affiatato, ci siamo conosciuti meglio, abbiamo condiviso idee, riflessioni e, cosa non meno importante, ci siamo divertiti imparando.

La radio è diventata per noi una nuova materia scolastica, dove la lezione si è trasformata in dialogo, la conoscenza in voce, e la voce in consapevolezza. Ogni puntata è stata costruita insieme, a partire da temi fondamentali come il cambiamento climatico, il ruolo delle donne nella scienza e il femminismo, le esplorazioni spaziali, l’economia circolare e l’educazione civica. Abbiamo parlato anche della storia della radio, esplorando il suo potere comunicativo e inclusivo, e riflettuto sull’importanza dell’inclusione a scuola e nella società.

Il percorso non è stato sempre facile: ci siamo impegnati molto per raggiungere gli obiettivi che ci eravamo posti. Per questo, il fatto di averlo portato a termine con successo rappresenta per noi un traguardo importante, di cui andiamo fieri. Abbiamo amato ogni momento di questa esperienza e ci auguriamo che le prossime classi possano raccogliere il testimone, portando avanti ciò che abbiamo costruito con passione e motivazione.

Un ringraziamento speciale va ai docenti che ci hanno supportato, e alla dirigente scolastica Rossana Condello, per aver creduto nel valore di questa proposta.

La nostra radio è stata molto più di un corso: è stata un’occasione per stare insieme, raccontare il mondo, seminare scienza, consapevolezza e gentilezza.

Iago, Nada, Francesco, Eva Olga, Lavinia, Stella, Andrea, Myriam, Nadia, Leonardo, Jacopo, Leandro

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Macchine del tempo danesi http://www.semidiscienza.it/2025/05/06/macchine-del-tempo-danesi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=macchine-del-tempo-danesi http://www.semidiscienza.it/2025/05/06/macchine-del-tempo-danesi/#respond Tue, 06 May 2025 17:35:14 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=3099 di Luciano Celi – direttivo di Semi di Scienza

Se si entra nella sobria chiesa principale di Vejle, in Danimarca, dotati di un traduttore danese-italiano – a meno di un conoscere a sufficienza il danese – si può trovare la storia della (presunta) regina Gunhild (o Gunnhild). La storia narra di una bara, donata da re Frederik VI (1768-1839), nella quale si pensava che il cadavere in essa contenuto (in ottimo stato di conservazione), fosse quello della leggendaria regina norvegese Gunhild, attirata in Danimarca e uccisa da Aroldo “Dente Azzurro” (letteralmente: Bluetooth – che a noi moderni evoca tutt’altro). Si tratta di storie che sconfinano nella mitologia nordica, ma la leggenda a lungo è stata più forte della scienza: il famoso archeologo J.J.A. Worsaae (1821-1885) infatti ha presto smentito l’idea che si trattasse della semi-mitica regina Grunnhild facendo risalire però il cadavere stesso all’Età del Ferro – quindi a ben prima! – mostrando così tacitamente le eccezionali capacità di conservazione delle torbiere caratteristiche di quelle zone. Vere e proprie “macchine del tempo” in grado di restituire prodotti e manufatti risalenti a millenni prima. La scoperta risale al 20 ottobre 1835, momento in cui due scavatori di torba a Haraldskaær Mose, a ovest di Vejle, fecero questa scoperta straordinaria: un corpo femminile estremamente ben conservato. All’inizio si pensava che il corpo fosse la vittima nascosta di un crimine recente, ma ben presto le indagini indicarono che ciò con cui gli inquirenti avevano a che fare era molto più antico di quanto si pensasse. Tale scoperta fece scalpore non solo nella storia locale, ma anche nella coscienza nazionale.

Quella stessa torba verrebbe da dire, salva i protagonisti di una vecchia pellicola, sempre danese. Si tratta di Miraklet i Valby, “Il miracolo di Valby”, che passò sui canali televisivi italiani anni fa e se ne persero le tracce. Partiamo dal fatto che Valby esiste davvero ed è una delle 10 municipalità della capitale danese, Copenaghen. Ma… partiamo dall’inizio. Il protagonista è l’adolescente Sven, con il pallino della scienza, una famiglia un po’ a pezzi – i suoi sono divorziati, la giovane madre in quel frangente è in ospedale, il padre è imbarcato come radiotelegrafista su un mercantile, c’è una sorellina più piccola a cui badare – e la mancanza di quel padre per mari, in giro per il mondo. Mancanza lenita almeno in parte da un rudimentale ma efficace apparato radioamatoriale che – immaginiamo: lui e il babbo hanno messo in piedi un giorno – riesce a tenerli legati grazie a quel tenue filo invisibile costituito dalle onde radio. L’apparato è costruito dentro una vecchia e fascinosissima roulotte abbandonata in un campo. Non mancano l’amico, e rivale in amore, Bo e l’amichetta, di cui i due si contendono le attenzioni, Petra, loro compagna di classe che arriva dalla vicina Svezia. In una delle tante visite alla roulotte in cui Sven parla col padre a un certo punto si produce una interferenza in cui si sente una sorta di salmo recitato in latino. L’interferenza non solo disturba la comunicazione, ma fa vibrare almeno un po’ la roulotte. Incuriosito e allo stesso tempo impaurito dalla cosa, racconta l’episodio ai due amici e questi si trovano quindi tutti e tre per vedere se la cosa accade di nuovo. La vibrazione, di nuovo in corrispondenza della frequenza in cui stava ascoltando il padre, avviene più forte e quando cessa la radio è sintonizzata su una emittente locale che dà come notizia l’assassinio del primo ministro svedese Olof Palme, avvenuto però qualche mese prima. Petra se ne va un po’ contrariata, come se tutto fosse uno scherzo ben architettato, salvo il fatto che, al ritorno a casa, in questa non solo non trova i suoi genitori, ma risulta del tutto non abitata, non ammobiliata e da affittare. Impaurita non capisce e torna alla roulotte (lei si era trasferita lì dalla Svezia poco tempo prima). Episodi analoghi accadono agli altri due e pur non comprendendo bene cosa sia accaduto, hanno il sentore di essersi spostati nel tempo a qualche anno prima. In qualche modo riescono a tornare usando le stesse frequenze, ma questo primo episodio dà seguito ad altri in cui i tre diventano veri e propri viaggiatori del tempo, grazie a questa precisa frequenza che sembra capace di aprire un varco tra due punti del tempo. Sven, curioso e intraprendente, è convinto che sia una questione di ricezione e di potenze in gioco: se si aumenta la capacità di ricezione del segnale forse i salti nel tempo si fanno più consistenti. I fatti gli danno ragione e… i tre si ritrovano in un imprecisato momento del medioevo. Petra viene rapita, i due ragazzi rocambolescamente riescono a rientrare nella roulotte prima che questa venga inglobata del tutto nella torbiera che ha cambiato consistenza e diventa una fanghiglia che inghiotte tutto. Temendo di essere ormai spacciati, in extremis riattivano gli apparati radio e tornano al presente, ma non riescono a giustificare l’assenza di Petra davanti alla polizia e al padre che ovviamente ne denuncia la scomparsa. I due sanno di essere costretti a tornare indietro per salvarla e Sven riprende le registrazioni della litania latina che sentiva come disturbo della comunicazione, realizzata in una delle sessioni in cui parlava col padre. Il gruppo, per altro, si sta preparando a quella che dovrebbe essere una sorta di prima comunione e questo dà agio a Sven, che finge di essere interessato al latino, di chiedere informazioni su ciò che ha trascritto al religioso che li sta preparando al rito. È a quel punto che si parla del “miracolo di Valby”, un episodio che affonda le radici in un passato molto lontano, nel quale pare che un astronomo mezzo matto immaginasse di poter parlare con Dio e quindi costruì una sorta di gigantesca conchiglia capace di amplificare molto i suoni e captare, almeno idealmente, quelli che arrivavano dal cielo. Siamo di fronte a una sorta di profezia che si autoavvera: Sven è l’artefice, insieme ai suoi sodali, della leggenda di cui però deve compiere l’ultimo atto: tornare per salvare Petra. I due amici si accordano e “partono” senza sapere che Hanna, la sorellina di Sven, si è nascosta nella roulotte. Andando a cercare Petra lasciano la roulotte che viene intercettata dalla confraternita dei religiosi (e fors’anche dell’astronomo) e, affacciandosi, vedono al suo interno la bambina che, morta di stanchezza, ha ceduto al sonno, non prima di aver acceso attorno a sé delle candeline. Il tutto viene ovviamente interpretato come inequivocabile segno celeste e la roulotte viene trasportata fino all’interno della chiesa. I tre nel frattempo riescono a fuggire e tornano alla roulotte: non la trovano e seguono le tracce del carro che l’ha trasportata. Arrivano alla chiesa e vedono i monaci che “adorano” Hanna e la carovana.

Lo scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke – che però di scienza ne sapeva, visto che in suo onore l’orbita geostazionaria della Terra è stata chiamata “Fascia di Clarke” – enunciò tre “leggi”, l’ultima delle quali recita: «Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia». La scena che si presenta davanti ai tre ragazzi sembra essere l’esempio calzante di questa frase: Hanna, bambina divoratrice di film e fumetti, legge e illustra nella sua lingua, i giornalini che aveva portato con sé e che i monaci interpretano come testi sacri. A un certo punto lei, sul tetto della roulotte, scorge il fratello e lo chiama a sé. In questo modo il terzetto, ricongiuntosi con la bimba, tornano dentro la roulotte e fanno ritorno a casa, mentre i monaci pensano che sia un miracolo di Dio che hanno aspettato così a lungo.

Quando Hanna è in chiesa la domenica successiva, per la prima comunione, si vede raffigurata sul soffitto della chiesa e vede il disegno stilizzato della roulotte. Quando Sven vuole dare fuoco alla sua roulotte quella sera, sente l’interruttore della radio e sente di nuovo suo padre parlare e cercarlo. Desiste dal suo proposito e il film finisce.

Un film senz’altro per ragazzi. E c’è da aggiungere: per ragazzi di qualche tempo fa, che forse ha, nei ragazzi di oggi, poca o punta presa. Ma un film ormai diventato un classico nella cinematografia danese, forse proprio per questa sua semplicità narrativa, per questa sua storia che sembra senza tempo anche se (o forse proprio perché) parla di viaggi nel tempo, in una fantasmagoria che, come spettatori, accettiamo senza sospendendo il nostro giudizio e la nostra critica.

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L’universo dentro di te http://www.semidiscienza.it/2025/05/06/luniverso-dentro-di-te/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=luniverso-dentro-di-te http://www.semidiscienza.it/2025/05/06/luniverso-dentro-di-te/#respond Tue, 06 May 2025 17:26:17 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=3096 Il ciclo di tre incontri ‘L’universo dentro di te‘, a cura dell’associazione promozionale e sociale Semi di scienza, è stato pensato per stimolare la curiosità intellettuale, il pensiero critico e l’approfondimento scientifico e filosofico dei partecipanti; ha lo scopo di incentivare riflessioni sull’individuo e il rapporto con l’altro.

Le tematiche proposte (la scienza dei buchi neri, il bene comune e il benessere collettivo, l’ascolto profondo di sé e dell’altro) toccano sia un’analisi di carattere scientifico e generale, sia una riflessione filosofica sul sé e la società.

Durante gli eventi sarà offerto un aperitivo a cura di Uscio e Bottega.

Qui il programma completo:

https://portalegiovani.prato.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22907

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La comunicazione tra le piante http://www.semidiscienza.it/2025/04/16/la-comunicazione-tra-le-piante/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-comunicazione-tra-le-piante http://www.semidiscienza.it/2025/04/16/la-comunicazione-tra-le-piante/#respond Wed, 16 Apr 2025 06:11:23 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=3092 di Martina Accavone e Arianna Nocentini (3F scuola secondaria di primo grado “Maria Maltoni”, IC di Pontassieve, Firenze)

In questo articolo parleremo della comunicazione tra i vari tipi di piante, dei metodi che utilizzano per comunicare e degli scopi di tale comunicazione.

Le piante comunicano attraverso varie parti: le radici, lo stelo, le foglie, i fiori e i frutti.
Le foglie rilevano i predatori e i cambiamenti di luminosità o sonori, mentre le radici monitorano le condizioni del suolo.
Dai fiori, dalle foglie e dalle radici vengono rilasciati dei composti organici detti “volatili”. Le sostanze volatili sono segnali odorosi che possono coprire grandi distanze sotto forma di gas, sia in superficie sia nel sottosuolo. Ogni specie di pianta ha la propria miscela di composti volatili.

Natalia Dudareva, biochimica della Purdue University, afferma che questi composti hanno molteplici funzioni: possono attrarre gli impollinatori quando i fiori sono pronti e indirizzarli verso quelli che non sono ancora stati impollinati. I composti volatili emessi dai frutti attirano creature che se ne cibano e ne distribuiscono i semi. Inoltre, questi composti sono emessi anche dalle foglie per “intossicare” e allontanare i predatori.

Le piante possono comunicare con animali, con piante della propria specie e con piante di specie diverse.
Uno studio pubblicato nel 2023 dimostra che molte specie vegetali producono emissioni a ultrasuoni per comunicare una condizione di stress. Questa è l’ultima evidenza che dimostra la comunicazione tra piante e vari animali.
Le piante utilizzano sostanze volatili per avvertire o attirare altri organismi, fanno flessioni dei fusti o chiudono le foglie per comunicare con l’ambiente, e trasmettono segnali elettrici per scambiare informazioni con altre piante.

I composti volatili non sono le uniche sostanze chimiche coinvolte: al loro interno, le piante producono anche altre sostanze, tra cui gli ormoni.
Un ormone chiamato auxina viene prodotto dalla cima della pianta e si sposta verso il basso per indicare ai germogli in crescita quale sia la direzione giusta.
Quando c’è una minaccia imminente, come la predazione da parte di insetti, la pianta deve reagire velocemente per evitare di essere completamente mangiata. In tali condizioni di stress, molte piante producono l’ormone acido jasmonico, che le induce a sintetizzare una tossina per difendersi.

Noi umani non siamo in grado di udire i messaggi della comunicazione vegetale, a differenza di altri animali che riescono a percepire alcuni tipi di ultrasuoni, ma possiamo annusarli.
Quando viene tagliata, l’erba rilascia sostanze chimiche gassose che rappresentano un segnale di pericolo. Le piante rilasciano sostanze simili anche quando vengono attaccate da bruchi e, quasi come in risposta a una richiesta d’aiuto, altri insetti notano questi segnali e predano i bruchi.

Esistono diversi tipi di comunicazione anche tra le parti della stessa pianta.
Le “conversazioni” più interessanti si verificano quando i funghi incontrano le radici. In questi casi è stato osservato uno scambio di frammenti di RNA piccolo (l’RNA è una macromolecola biologica costituita da una o più catene di molecole più piccole, la cui lunghezza è variabile).
Se il fungo è un alleato, comunica “puoi fidarti di me” e aiuta la pianta a crescere; se è un nemico, l’RNA agisce contro i geni di difesa della pianta, permettendogli di attaccarla più facilmente.

Quando più alberi sono collegati tra loro tramite un fungo, possono condividere le risorse.
Ad esempio, è stato tracciato il percorso del carbonio da un vecchio albero, attraverso le reti fungine, fino a un altro albero troppo giovane per raggiungere una buona fonte di luce ed effettuare la fotosintesi clorofilliana.

In conclusione, le piante comunicano utilizzando sostanze chimiche e ultrasuoni, attraverso diverse parti del loro corpo. Comunicano messaggi diversi a seconda del destinatario, e grazie a questa comunicazione possono persino creare una sorta di “alleanze” con animali o altre piante.

Fonti: National Geographic, Google Scholar, 50 Cell, BMC, Frontiers, Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, Science Daily, Texas A&M AgriLife, Wikipedia.

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Festa delle scienze naturali http://www.semidiscienza.it/2025/04/03/festa-delle-scienze-naturali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=festa-delle-scienze-naturali http://www.semidiscienza.it/2025/04/03/festa-delle-scienze-naturali/#respond Thu, 03 Apr 2025 11:34:04 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=3088 Seconda edizione

L’Orlando Scienziato ci aspetta domenica 13 aprile presso il parco del Mauriziano a Reggio Emilia. Semi di Scienza sarà presente con i suoi esperti, che proporranno laboratori per esplorare il mondo scientifico.

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Buchi neri e “capelli soffici”: a spasso tra fisica teorica e sperimentale http://www.semidiscienza.it/2025/03/26/buchi-neri-e-capelli-soffici-a-spasso-tra-fisica-teorica-e-sperimentale/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=buchi-neri-e-capelli-soffici-a-spasso-tra-fisica-teorica-e-sperimentale http://www.semidiscienza.it/2025/03/26/buchi-neri-e-capelli-soffici-a-spasso-tra-fisica-teorica-e-sperimentale/#respond Wed, 26 Mar 2025 16:08:27 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=3079 di Luciano Celi – direttivo Semi di Scienza

I buchi neri sono da sempre tra gli oggetti più affascinanti e misteriosi dell’universo. Predetti dalla relatività generale di Einstein e osservati indirettamente attraverso i loro effetti gravitazionali, questi mostri cosmici continuano a sfidare la nostra comprensione della fisica. Uno dei problemi più profondi legati ai buchi neri è il cosiddetto paradosso dell’informazione, che mette in discussione la compatibilità tra la relatività generale e la meccanica quantistica. Negli anni scorsi un gruppo di scienziati, tra cui il compianto Stephen Hawking, ha proposto una soluzione innovativa a questo paradosso, introducendo il concetto di “soft hair” (letteralmente: capelli morbidi). Ma cosa significa tutto questo? E perché è così importante?

Il paradosso dell’informazione

Secondo la relatività generale, un buco nero è una regione dello spazio-tempo con un campo gravitazionale così intenso che nulla, nemmeno la luce, può sfuggirgli. Quando la materia o la radiazione cadono in un buco nero, sembrano scomparire per sempre, portando con sé l’informazione sul loro stato quantistico. Tuttavia, la meccanica quantistica afferma che l’informazione non può essere distrutta. Questo conflitto è noto come paradosso dell’informazione dei buchi neri.

Già negli anni ’70 del secolo scorso, Stephen Hawking dimostrò che i buchi neri non sono completamente “neri”, ma emettono una radiazione termica, chiamata radiazione di Hawking, che fa sì che il buco nero perda gradualmente massa e, alla fine, evapori. Già questo un po’ ci getta nello scompiglio: un oggetto che ha una massa talmente concentrata che… può evaporare. Vabbè, fidiamoci, perché le domande ancora più interessanti devono ancora arrivare. Questa radiazione infatti sembra essere completamente casuale e non contenere alcuna informazione sulla materia che è caduta nel buco nero. Questo ha portato alla domanda: dove va a finire l’informazione?

L’entropia dei buchi neri e la formula di Bekenstein-Hawking

Una delle intuizioni più importanti di Hawking è stata quella di collegare i buchi neri alla termodinamica. In particolare, ha dimostrato che l’entropia di un buco nero (una misura del disordine o dell’informazione contenuta) è proporzionale all’area del suo orizzonte degli eventi, secondo una formula – chiamata formula di Bekenstein-Hawking – che qui non proporremo. Ci basti sapere che questa formula suggerisce che i buchi neri non sono semplici oggetti gravitazionali, ma sistemi complessi che contengono e processano informazione.

I “soft hair” e i modi zero

Nel 2018, Hawking e i suoi collaboratori (Malcolm Perry, Andrew Strominger e Sasha Haco) hanno pubblicato un articolo intitolato Black Hole Entropy and Soft Hair, in cui hanno proposto una soluzione innovativa al paradosso dell’informazione. L’idea è che i buchi neri possano avere “soft hair”, ovvero sottili configurazioni di campi gravitazionali ed elettromagnetici vicino all’orizzonte degli eventi, che agiscono come una sorta di “memoria” del buco nero.

Questi “capelli morbidi” sono associati ai modi zero dei campi, ovvero configurazioni che non trasportano energia ma possono comunque codificare informazione. In pratica, quando la materia cade in un buco nero, lascia delle tracce nei modi zero, che potrebbero conservare l’informazione senza violare i principi della meccanica quantistica.

Calcoli mostruosi e il valore “12J”

Uno degli aspetti più affascinanti di questo lavoro è la complessità dei calcoli coinvolti. Gli scienziati hanno dovuto affrontare equazioni con oltre 1.000 termini, che inizialmente producevano risultati incoerenti: l’entropia del buco nero risultava essere zero o infinita, il che non ha senso fisico. Dopo un lungo e laborioso processo, il team è riuscito a trovare un valore chiave, indicato come “12J”, che ha permesso di risolvere queste incoerenze e ottenere un risultato fisicamente significativo. Un valore che, per i profani, ricorda un po’ la risposta fornita dal super computer (per molti aspetti simili alle recenti intelligenze artificiali che popolano il nostro mondo) presente nel romanzo di Douglas Adams Guida galattica per autostoppisti che, di fronte alla «domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto», risponde semplicemente «42».

Anche se il significato esatto del “12J” rimane un dettaglio tecnico, è chiaro che rappresenta un passo importante nella comprensione di come l’informazione viene conservata nei buchi neri. Questo risultato suggerisce che i “soft hair” e i modi zero potrebbero davvero giocare un ruolo chiave nella risoluzione del paradosso dell’informazione.

Il lavoro sperimentale di Silke Weinfurtner

Mentre la fisica teorica avanza con idee audaci come i “soft hair”, c’è anche un lato sperimentale che cerca di testare queste teorie in laboratorio. Una figura di spicco in questo campo è Silke Weinfurtner, ricercatrice all’Università di Nottingham, che guida un team che simula i buchi neri in laboratorio utilizzando modelli fisici in scala ridotta.

Weinfurtner e il suo gruppo lavorano con una grande vasca d’acqua in cui creano vortici e onde per studiare il comportamento dello spazio-tempo vicino a un buco nero. In particolare, osservano come le onde si propagano in presenza di un flusso vorticoso, che può essere paragonato all’orizzonte degli eventi di un buco nero. Quando le onde si avvicinano al vortice, alcune vengono “intrappolate” e non possono più sfuggire, proprio come la luce o la materia che cadono in un buco nero.

Questi esperimenti rientrano nel campo della gravità analogica, che esplora le somiglianze matematiche tra sistemi fisici apparentemente molto diversi, come i buchi neri e i fluidi in movimento. Anche se questi modelli non possono riprodurre esattamente i buchi neri reali, permettono di testare alcune previsioni teoriche in un contesto controllato.

Punti di contatto tra teoria e esperimento

Il lavoro di Weinfurtner e quello di Hawking e colleghi sono due facce della stessa medaglia. Da un lato, la teoria propone idee innovative come i “soft hair” per risolvere il paradosso dell’informazione; dall’altro, gli esperimenti di gravità analogica cercano di verificare se queste idee hanno un riscontro nella realtà fisica.

Ad esempio, i modi zero e i “soft hair” potrebbero avere analoghi nei sistemi fluidi studiati da Weinfurtner. Se questi effetti fossero osservati in laboratorio, ciò fornirebbe un supporto indiretto alle teorie di Hawking e colleghi. Inoltre, gli esperimenti potrebbero aiutare a identificare nuove proprietà dei buchi neri che non erano state previste teoricamente.

Implicazioni per la fisica teorica e sperimentale

Il lavoro di Hawking, Perry, Strominger, Haco e Weinfurtner non è solo una curiosità accademica, ma ha implicazioni profonde per la fisica teorica e sperimentale. Se i “soft hair” possono davvero conservare l’informazione, questo potrebbe aprire la strada a una teoria più completa della gravità quantistica, che unisca la relatività generale e la meccanica quantistica.

Inoltre, questi studi potrebbero avere applicazioni in altri campi della fisica, come lo studio delle onde gravitazionali o della cosmologia. I buchi neri, infatti, non sono solo oggetti esotici, ma laboratori naturali per testare le leggi fondamentali dell’universo.

In conclusione possiamo senz’altro dire che il paradosso dell’informazione nei buchi neri rimane uno dei problemi più profondi e affascinanti della fisica moderna. Grazie al lavoro pionieristico di Stephen Hawking e dei suoi collaboratori, siamo forse più vicini a una soluzione. I “soft hair” e i modi zero rappresentano una proposta audace e innovativa, che potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione dei buchi neri e dell’universo stesso.

Allo stesso tempo, il lavoro sperimentale di ricercatori come Silke Weinfurtner dimostra che la fisica non è fatta solo di equazioni complesse, ma anche di creatività e ingegno nel trovare modi per testare queste idee in laboratorio. Anche se molti dettagli tecnici rimangono da chiarire, una cosa è certa: i buchi neri continuano a essere una fonte inesauribile di meraviglia e di domande, spingendo i confini della conoscenza umana sempre più in là.

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La danza quantistica della vita: come la fotosintesi sfrutta il mondo subatomico http://www.semidiscienza.it/2025/02/08/la-danza-quantistica-della-vita-come-la-fotosintesi-sfrutta-il-mondo-subatomico/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-danza-quantistica-della-vita-come-la-fotosintesi-sfrutta-il-mondo-subatomico http://www.semidiscienza.it/2025/02/08/la-danza-quantistica-della-vita-come-la-fotosintesi-sfrutta-il-mondo-subatomico/#respond Sat, 08 Feb 2025 18:24:02 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=3062 La fotosintesi è uno dei processi più affascinanti della natura, attraverso il quale le piante trasformano la luce solare in energia chimica. Quello che per decenni è sembrato un processo puramente chimico, oggi rivela una sorprendente verità: nel cuore della fotosintesi si nasconde un delicato balletto quantistico.

Per molto tempo, gli scienziati sono rimasti perplessi dall’incredibile efficienza della fotosintesi: quando la luce colpisce una foglia, quasi ogni fotone catturato viene convertito in energia utilizzabile dalla pianta, con un’efficienza che supera il 95% in condizioni ottimali, motivo per cui la foglia è diventata oggetto di studio nei laboratori che si occupavano di creare efficienti pannelli solari.

Proprio all’interno di questi studi, quasi per serendipità, Engel e colleghi (1) hanno scoperto il segreto di questa straordinaria efficienza: la fotosintesi sfrutta il principio di sovrapposizione quantistica per garantire la massima produzione di ossigeno e nutrienti, nonostante la continua variazione delle condizioni ambientali esterne. E, contro ogni precedente convinzione, la coerenza quantistica viene mantenuta per tutta la cascata elettronica che è alla base della fotosintesi stessa. Infatti l’implicazione più sorprendente di questa scoperta è il fatto che questi delicati effetti quantistici possano persistere in un ambiente caldo e rumoroso della cellula, sopravvivendo al rumore termico. Le ricerche suggeriscono che le proteine che circondano i complessi fotosintetici creino un ambiente protettivo, permettendo agli stati quantistici di sopravvivere abbastanza a lungo da svolgere il loro ruolo cruciale. Sembra che le membrane plasmatiche siano fra gli elementi chiave che permettono alle cellule di creare al loro interno ambienti protetti e separati. Concettualmente questo processo è simile a quello che avviene nei nostri acceleratori di particelle, dove gli scienziati creano un ambiente totalmente separato dall’esterno, caratterizzato da precise condizioni ambientali che permettono ai delicati processi quantistici di mantenere la loro efficienza senza collassare.

Vediamo un po’ più nel dettaglio il meccanismo scoperto da Engel e colleghi: nel centro di reazione fotosintetico, le molecole di clorofilla formano strutture che possiamo chiamare “antenne”. Quando un fotone viene assorbito da queste molecole, crea uno stato di eccitazione che deve viaggiare attraverso questo complesso fino a raggiungere il centro di reazione. Secondo la fisica classica, questa energia dovrebbe “rimbalzare” casualmente tra le molecole, perdendo molta energia nel processo.

Invece, grazie al mantenimento della coerenza quantistica all’interno del complesso fotosintetico, l’energia si comporta come un’onda quantistica, esplorando simultaneamente tutti i possibili percorsi verso il centro di reazione. Questo fenomeno, chiamato “sovrapposizione quantistica”, permette all’energia di trovare istantaneamente il percorso più efficiente, come se fosse guidata da un GPS.

C’è un’immagine comunemente usata spiegare la sovrapposizione al pubblico non specializzato (Fig. 1), in cui il lettore può vedere un vaso o due facce, ma le due figure esistono allo stesso tempo. È “la scelta” della mente del lettore a rendere visibile l’una o l’altra. Questa “scelta” potrebbe rappresentare ciò che viene descritto come collasso della funzione d’onda. Gli elettroni nei processi fotosintetici sono in uno stato “sovrapposto” fino a quando non “collassano”, in base alle condizioni ambientali, innescando la cascata biochimica che trasforma i fotoni in energia chimica, nel miglior pannello solare conosciuto (1–4).

La fotosintesi quantistica ci mostra come la natura abbia evoluto sistemi in grado di sfruttare i più sottili effetti della meccanica quantistica per sostenere la vita sulla Terra. Questa scoperta non solo ha rivoluzionato la nostra comprensione della biologia, ma sta anche ispirando una nuova generazione di tecnologie sostenibili.

Fig. 1

Letture per approfondire:

1.           Engel GS, Calhoun TR, Read EL, Ahn TK, Mančal T, Cheng YC, et al. Evidence for wavelike energy transfer through quantum coherence in photosynthetic systems. Nature. 2007;446(7137):782–6.

2.           Calvillo L, Parati G. Immune System and Mind-Body Medicine – An Overview. In: Brain and Heart Dynamics [Internet]. Cham, Switzerland: Springer International Publishing; 2019. p. 1–19. Available from: http://link.springer.com/10.1007/978-3-319-90305-7_9-1

3.           Calvillo L, Redaelli V, Ludwig N, Qaswal AB, Ghidoni A, Faini A, et al. Quantum Biology Research Meets Pathophysiology and Therapeutic Mechanisms: A Biomedical Perspective. Quantum Rep. 2022 Apr 4;4(2):148–72.

4.           Al-Khalili J. Life on the Edge: The Coming of Age of Quantum Biology. Bantam Press; 2014.

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L’iniziativa è rivolta alle scuole secondarie di primo grado. Qui il link al sito dell’associazione:

Qui il programma completo:

https://associazionelagrange.it/wp-content/uploads/2024/09/MSR-CAMPUS-MEDIE-MARINA-DI-MASSA-2025-word.pdf

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