Anche su Kepler 22-b si mangia la pizza

Be’, precisiamo subito il titolo a scanso di equivoci: non è proprio così. Ma partiamo dall’inizio. E l’inizio è una guerra a cui si fa solo cenno – e più si accenna più possiamo immaginare quale ne sia stata la portata – evocata a più riprese nella miniserie Raised by Wolves, diretta e prodotta da quel “mostro sacro” che si chiama Ridley Scott, come utile flashback per far comprendere meglio ai telespettatori perché i protagonisti si trovino lì e a che scopo.

Tutto piuttosto semplice: il topos è sempre il solito, quello di una cruenta guerra mondiale tra due grandi fazioni contrapposte, gli Atei e i Mitraici, quindi i credenti e i non-credenti. La tecnologia, che si suppone non abbia subito battute d’arresto (siamo oltre l’anno 2145…), ha amplificato le possibilità di distruzione – ma per queste, a livello globale, sarebbero bastati già gli arsenali nucleari attuali post 1945 e non c’era neppure bisogno di scomodare gli ulteriori sviluppi. Sviluppi che però risultano interessanti per una questione a cui Scott da sempre è sensibile: l’ibridazione umana con gli androidi. Tutti noi ricordiamo il cult movie Blade Runner tratto dal romanzo di Philiph K. Dick (a proposito di “mostri sacri”…) Il cacciatore di androidi – ma il cui titolo originale è ancora più evocativo: Do Androids Dream of Electric Sheep? –, dove quella specie di Indiana Jones del futuro (interpretato dall’inossidabile e all’epoca giovanissimo Harrison Ford) che si chiama Rick Deckard va a caccia appunto di un gruppo di androidi “impazziti” che vogliono una vita non a scadenza e soprattutto un passato e ricordi grazie ai quali avere un’identità e quindi sentire di essere qualcosa di più di macchine appese alla contingenza dell’attimo… Ebbene, qui ci risiamo: il compito di (tentare di) salvare l’Umanità è affidato a due super evoluti androidi, Padre e Madre (vale a dire: Adamo ed Eva). Eva è talmente evoluta che può “covare” embrioni umani che altrimenti non avrebbero retto al lungo viaggio che separa la Terra – ormai alla deriva e invivibile – da Kepler 22-b, un esopianeta promettente che sembra avere tutte le carte in regola per ospitare la vita di esseri a base di carbonio come quella umana, ma che si trova un po’ distante, per la precisione 620 anni luce dal sistema solare (ovvero: bisogna viaggiare a 300mila chilometri al secondo per 620 anni di seguito per arrivarci…). Insomma, sia come sia, c’è un tentativo disperato di fare un reset e di rifondare l’Umanità altrove. Compito arduo per Padre e Madre: dei sei figli solo uno sopravvive e gli altri si ammalano e si scoprirà, solo dopo, che la causa è legata al “cibo locale” che contiene dei noccioli radioattivi che, una volta ingeriti, rompendosi emettono un po’ di radioattività. Poca, ma sufficiente, nel tempo, a indebolire e far morire il futuro dell’Umanità.

Il pianeta inoltre, si scoprirà, è già abitato da altre creature e la vicenda, nel presente fantascientifico che in realtà ibrida generi diversi, si incentra sull’arrivo di un’altra astronave, molto grande, quella dei Mitraici – Padre, Madre e figliolanza in realtà appartengono alla fazione degli atei – con tutto quel che ne consegue. Padre e l’unico ragazzino sopravvissuto (Campion – e il nome ovviamente non è casuale) vanno quindi in cerca di cibo alternativo – ancorché lo stesso Campion sembri essere immune, data la sua sopravvivenza rispetto ai compagni – e, analizzandolo bene, scoprono qualcosa di edibile e non dannoso. Si pone quindi il problema di dare un nome a questo nuovo cibo e Padre chiede al ragazzino che nome vorrebbe mettergli. Dovrebbe essere il nome di un cibo universalmente conosciuto sulla Terra, il nome di una cosa buona… e quindi: “Pizza!”, esclama Campion.

Per un bell’articolo sulla serie si veda anche: https://www.repubblica.it/robinson/2021/01/31/news/padre_madre_e_androidi_la_nuova_serie_tv_di_ridley_scott-284839059/

Luciano Celi

Febbraio 15, 2021

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