Il Nobel per la Fisica alla… telepatia

Entanglement quantistico e Nobel Fisica 2022

di Luciano Celi

Il titolo è scherzoso, ma la riflessione che segue sarà serissima. Si tratta del Nobel agli sviluppi di una scoperta – anzi: una verifica – che risale esattamente a quarant’anni fa: quella dell’entanglement di due particelle subatomiche.

Prima di addentrarci in spiegazioni, facciamo un passo indietro per cercare di capire di cosa stiamo parlando. Innanzitutto parliamo del mondo subatomico, ovvero di tutte quelle che costituiscono la materia, ma di cui abbiamo traccia solo attraverso potentissimi strumenti capaci di rilevarle. E di particelle delle dimensioni più piccole di un atomo ce ne sono tantissime, un vero e proprio “zoo” che premi Nobel, sempre per la Fisica nel 1969, come Murray Gell-Mann tentarono di organizzare, un po’ come accade per la tabella periodica degli elementi in Chimica.

Apriamo un inciso che vede il mutuo scambio tra discipline un po’ esoteriche come la Meccanica Quantistica e altre discipline come la letteratura o addirittura una delle correnti del buddhismo – e forse non è un caso che questi mutui “prestiti” avvengano proprio in queste discipline di confine. Proprio a Gell-Mann infatti si deve la definizione di Quark, presa di peso da quel libro – un po’ astruso per la verità – che è il Finnegans Wake di James Joyce. Secondo quanto riferisce lo stesso Gell-Mann il nome suonò bene proprio durante il periodo in cui scoprì la particella e leggeva quel libro che, in un punto recita a mo’ di filastrocca:

Three quarks for Muster Mark!

Sure he has not got much of a bark

And sure any he has it’s all beside the mark.

E, sempre Gell-Mann, al fine di organizzare al meglio tutto questo trovar particelle a destra e a manca immaginò e teorizzò una “via dell’ottetto” in onore alla tradizione buddhista del Nobile Ottuplice Sentiero, che potremmo definire come una specie di insieme di precetti per una buona vita e forse, anche, impegnandosi, per accedere a forme di conoscenza superiori. Vale la pena riportarne le voci qui di seguito:

  1. Retta visione
  2. Retta intenzione
  3. Retta parola
  4. Retta azione
  5. Retta sussistenza
  6. Retto sforzo
  7. Retta presenza mentale
  8. Retta concentrazione.

Ma perché raccontare tutto questo? Perché è un modo per mostrare come il mondo della Meccanica Quantistica ben presto possa abituarci agli effetti più sorprendenti che accadono in Natura a livello subatomico, uno dei quali appunto è oggetto del Nobel assegnato quest’anno.

Partiamo quindi da cosa è esattamente questa faccenda dell’entanglement (parola inglese che coniò Erwin Schrödinger a suo tempo): secondo la teoria quantistica (a seguito del celebre esperimento della doppia fenditura), infatti, pur lasciando che due particelle entangled si allontanino tra loro anche per chilometri, nel preciso istante in cui si effettua una misura sulla prima particella avremmo istantaneamente informazioni anche sull’altra particella, lontanissima. Per essere precisi e usare la terminologia dei fisici, misurando la particella A inevitabilmente la sua funzione d’onda collassa in un singolo valore possibile, quello da noi misurato. Einstein – che senz’altro possiamo definire persona di ampie vedute nell’ambito della Fisica – era sconcertato da questo e soprattutto dalle sue conseguenze: secondo la teoria quantistica infatti, istantaneamente anche la funzione d’onda della seconda particella (che nessuno ha misurato e prosegue liberamente) dovrebbe collassare, così che entrambe iniziano a comportarsi come se fossero una singola particella. Questo significherebbe che facendo passare la particella B per una doppia fenditura come nell’esperimento di Young non avremmo alcuna interferenza.

Ma questo significherebbe tacitamente affermare che “l’informazione” che in qualche modo unisce le due particelle gemelle possa andare da una all’altra a una velocità superiore a quella limite della luce. Dato non ritenuto plausibile. Celebre in tal senso l’enunciato del paradosso EPR che fu quasi una vera e propria presa di posizione di fronte all’ennesima stramberia della Meccanica Quantistica: questo paradosso faceva perno sul dato consolidato che niente può viaggiare a una velocità superiore a quella della luce, mentre invece pare che sia proprio così. All’epoca c’era da stabile chi avesse ragione, ma tra le speculazioni teoriche – e la (tanta) matematica che poteva andarvi a suffragio – e l’ideare un esperimento che potesse in qualche modo far da verifica dovette passare ancora qualche anno.

Solo nel 1964 John Stuart Bell tirò fuori da questo paradosso una formula che permetteva di iniziare a pensare a degli esperimenti che potessero verificare o meno chi avesse ragione tra Einstein e la comunità scientifica pro-teoria quantistica. Era sufficiente controllare se venivano rispettate delle disuguaglianze (le disuguaglianze di Bell, appunto): in caso affermativo Einstein avrebbe avuto ragione, in caso contrario ancora una volta sarebbe stata confermata la contro intuitiva azione istantanea a distanza postulata dalla fisica quantistica. Gli esperimenti erano comunque troppo complessi da mettere in pratica per l’epoca e il primo a riuscire ad avere dei risultati accettabili fu Alain Aspect nel 1982, che riuscì a creare due fotoni entangled, spedirli in direzioni diverse ed effettuare una misurazione sul primo osservando le modifiche sulla seconda particella, a 13 metri di distanza. Le disuguaglianze di Bell erano negate, si confermava che la misura di una particella modificava istantaneamente la sua controparte entangled e quindi Einstein aveva torto. 

Gli esperimenti sono proseguiti fino ad oggi e nel 2008 un gruppo di ricercatori dell’Università di Ginevra ha lanciato due fotoni entangled dall’università fino a due paesi vicini, attraverso un tunnel quantistico in fibre ottiche che non interferiva con le singole particelle. Dopo un viaggio di quasi 18 km, sono state calcolate le disuguaglianze di Bell e dimostrato con ancor maggiore sicurezza che Einstein si sbagliava: i due fotoni cambiano stato simultaneamente, quindi se si ponesse una doppia fenditura in ognuna delle due città, alla misurazione del primo fotone anche il secondo smetterebbe istantaneamente di creare le forme di interferenza, perché strettamente correlato con il primo. Quest’anno, proprio a partire da Alain Aspect, che tra i primi tentò una verifica sperimentale, il Nobel va quindi a “consacrare” l’alto valore di questa scoperta per i suoi potenziali legati alla tecnologia: particelle che possono “dare informazioni” sul loro stato seppure lontanissime e prive di ogni forma di altra comunicazione che non sia legata a questo fenomeno dell’entanglement. Insomma, potremmo quasi dire di aver dato le basi scientifiche della telepatia!

È quindi comprensibile che fenomeni della Meccanica Quantistica come questo, potessero venir rifiutati concettualmente da menti pure eccezionali come quella di Einstein.

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