I successi e i fallimenti della COP27 per disegnare il cammino verso la COP28 di Dubai

Semi di Scienza COP27 Egitto

Di Domenico Mecca

Cala il sipario sulla ventisettesima conferenza delle parti, la più importante conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite con lo scopo di agire in lotta al cambiamento climatico. Quest’anno sono stati 197 i paesi che hanno preso parte ai tavoli di negoziazione sulle tante tematiche portate in discussione alla cop: dalla mitigazione delle emissioni ai piani di adattamento, dalle perdite e danni alla finanza climatica. 

A dieci giorni dalla conclusione di COP27 ritorniamo sul testo dell’accordo finale con lo scopo di comprendere quali sono i tanti fronti ancora aperti che saranno i protagonisti del percorso verso la COP28, in programma a Dubai dal 30 novembre al 13 dicembre 2023. 

L’accordo finale è stato siglato nella notte tra sabato 19 e domenica 20 novembre dopo intense giornate di negoziazioni svoltesi a porte chiuse. Emerge dall’accordo come questa conferenza potrà essere ricordata come una cop andata bene, ma non benissimo. 

Uno degli elementi per cui ricorderemo COP27 è il raggiungimento di un accordo sul tema “Loss & Damage”. Il tema perdite e danni entra a pieno titolo come terzo pilastro nella lotta al cambiamento climatico insieme a mitigazione delle emissioni e adattamento agli effetti da esse provocati. Dopo trent’anni dalle prime discussioni in materia, le Parti hanno raggiunto un accordo sull’istituzione di un fondo per il risarcimento delle perdite e dei danni subiti dai paesi in via di sviluppo. I paesi sviluppati hanno dunque riconosciuto le responsabilità storiche nella generazione del cambiamento climatico, convenendo di supportare finanziariamente i paesi in via di sviluppo, ovvero quei paesi meno responsabili del riscaldamento globale ma che ne subiranno le maggiori conseguenze.

Sarà obiettivo della COP28 rendere operativo il fondo, delineando le sue dimensioni e i criteri per l’accessibilità da parte dei paesi che hanno subito perdite o danni. Rimane significativa la decisione di istituire, in vista della prossima conferenza delle Parti, un comitato che guiderà i lavori sul design del fondo che si compone in quota maggioritaria da paesi in via di sviluppo rispetto ai paesi sviluppati: 14 contro 10. 

COP27 verrà tuttavia ricordata anche per il mancato raggiungimento dell’accordo sull’eliminazione graduale (Phase out) dei combustibili fossili. Nel testo dell’accordo ci si è limitati a un debole “Phase Down” del carbone. Rimane vivo, non con poche difficoltà, l’obiettivo della limitazione dell’innalzamento della temperatura al di sotto di +1.5°C rispetto ai livelli preindustriali. Allo stesso tempo, vengono eliminati i riferimenti al raggiungimento del picco emissioni entro il 2025, fortemente auspicato da ipcc. Considerando l’ambito mitigazione, la COP28 sarà lo scenario per l’aggiornamento dei Nationally Determined Contributions, ovvero degli impegni nazionali sulla riduzione delle emissioni di gas serra sanciti nel 2015 con l’Accordo di Parigi. All’alba della COP27, solamente 33 tra i paesi presenti hanno presentato l’aggiornamento dei propri NDC.

Rimangono aperte tantissime questioni alle quali la COP27 non ha saputo dare risposte. Di spicco, l’attenzione in materia di diritti umani, le politiche di genere, il contrasto alle discriminazioni nell’azione climatica e le migrazioni climatiche. Aveva generato molto entusiasmo l’inserimento di un paragrafo riservato a questi temi nella bozza iniziale di accordo, ridimensionato nel testo finale con un unico riferimento al diritto a un ambiente sano e pulito.  

La lunga strada per l’integrazione dei diritti umani nella lotta al cambiamento climatico potrebbe passare per il Brasile nel 2025. Infatti, nel suo intervento alla conferenza, il neoeletto presidente Lula ha candidato l’Amazzonia come Host Country della COP30, annunciando contestualmente la costituzione di un ministero per le popolazioni indigene, meno resilienti agli effetti del cambiamento climatico e fortemente colpite dalle attività di deforestazione.

In conclusione, uno degli aspetti passato in secondo piano ma di fondamentale importanza è la partecipazione giovanile ai processi decisionali. La COP27 getta le basi per un ruolo sempre più attivo dei giovani all’interno dei meccanismi di negoziazione sulla gestione dei cambiamenti climatici. Per la prima volta nella storia è stato nominato il delegato giovanile alla Presidenza della cop, figura che ha permesso di portare le istanze dei giovani all’interno dell’agenda. Le Parti sono state dunque incoraggiate a costruire ponti tra le generazioni, coinvolgendo i giovani nei propri processi decisionali. Giovani che, lo ricordiamo, sono le persone che vivranno il clima che verrà. 

Domenico Mecca – dottorando di ricerca in Sustainability and Innovation Management e inviato della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa a COP27

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