Lo Sfalcio dei Prati

Semi di scienza sfalcio dei prati

Di Matteo Bo

Lo sfalcio dei prati, inteso come la fienagione dei campi agricoli o più semplicemente il taglio dell’erba nel proprio giardino, è un’azione che può avere un impatto non trascurabile sull’ambiente. In questo articolo, nella fase dell’anno in cui si verifica la maggior frequenza dei tagli, si descriveranno alcune caratteristiche di questo fenomeno ecologico alla micro-scala dando qualche spunto utile nella gestione delle aree verdi urbane e delle conseguenti ricadute per le numerose forme di vita che ospitano.

È un dato ormai assodato che il passaggio dai sistemi tradizionali di coltivazione all’agricoltura intensiva ha eliminato una notevole quantità di spazi e nutrienti per numerose specie animali e vegetali che prosperavano nelle nostre campagne. Un esempio tipico è il taglio degli alberi ad alto fusto e l’eliminazione delle siepi così come l’estensione delle superfici coltivate a monocoltura (mais tipicamente) che hanno stravolto il paesaggio della pianura padana (e non solo) generando la forte riduzione o sparizione di varie specie autoctone di invertebrati, piccoli mammiferi e uccelli. La seguente immagine tratta dal sito dell’associazione culturale La Biolca rende un’idea di tale sconvolgimento del paesaggio agricolo.

Fonte: La Biolca

Questo contesto ha portato le rimanenti specie animali a rivolgersi alle superfici ancora naturali, ai prati incolti e agli spazi urbani (parchi pubblici e giardini privati) per procacciarsi i nutrienti necessari. Il taglio dell’erba in queste aree può stravolgere nel giro di pochi minuti non solo l’estetica del posto ma anche le possibilità di sopravvivenza di molti animali e lo stesso micro-clima. Un prato fiorito è infatti la casa vera e propria di vari animali (invertebrati di vario ordine, serpenti e piccoli roditori per fare qualche esempio) nonché il “negozio di alimentari” di tutte le specie impollinatrici. Inoltre, la presenza di “erba alta” comporta una maggiore capacità di trattenere l’umidità da parte del terreno agendo in contrasto con i fenomeni di erosione e siccità, proteggendo anche gli arbusti e le piante ad alto fusto dai prolungati periodi senza precipitazioni.

Come descritto in un recente articolo di Nuova Ecologia, in alcuni paesi quali la Germania e la Svizzera sono state regolamentate le attività di sfalcio per contrastare la perdita di biodiversità da esse generato. Con poca differenza nelle scelte effettuate nella gestione delle proprie aree verdi pubbliche e private si può infatti arricchire o impoverire fortemente l’ecosistema di una città e dei suoi dintorni. Un esempio è quello di uno studio condotto nella Riserva naturale di Canale Monterano sulle frequenze orarie di passaggio al nido per nutrire i pulli da parte di differenti famiglie di uccelli Saltimpalo: nelle aree sfalciate si è passati da 24-25 prede/ora a 12-13 prede/ora con una riduzione anche delle dimensioni degli insetti predati e conseguentemente delle possibilità di vita dei piccoli. Un dato altresì significativo è che tra Stati Uniti e Canada (ma la situazione in Italia può essere richiamata, pur con le dovute proporzioni) la scelta di coltivare i giardini  “all’inglese” occupa uno spazio di circa 25 milioni di ettari (circa 10 volte la Sardegna come sottolineato in un post di Alberto DeLogu): si tratta della più grande tipologia di “coltivazione” del Nord America, con una biodiversità bassissima, senza fornire nutriente alla grandissima maggioranza delle specie animali che vivono nei prati, determinando il consumo di milioni di barili di benzina e producendo milioni di tonnellate di anidride carbonica.

Per fortuna esistono alcune buone pratiche, soprattutto anche di semplice implementazione, per ridurre o evitare lo sconvolgimento dovuto al taglio delle aree verdi, tra le quali:

  • Effettuare un taglio “a mosaico” ovvero lasciando alcune aree nel pieno della fioritura incolte per poi rimandare ad un successivo taglio,
  • Tagliare a 10-12 cm e non a raso in modo da aumentare le possibilità di sopravvivenza di bruchi, anfibi e rettili,
  • Effettuare un taglio ritardato di qualche giorno consentendo di completare i cicli di riproduzione di alcuni animali e la semina naturale dei fiori,
  • Nei campi e nelle superfici estese, iniziare il taglio dal centro e non da un lato in modo da permettere a molti animali di mettersi in salvo verso i bordi esterni,
  • Lasciare aree incolte durante il periodo invernale rimandando l’eventuale fresatura di orti e campi.

Come riflessione finale, un po’ provocatoria e forse un po’ banale, la domanda che dovrebbe porsi ciascun proprietario di una superficie verde di varia dimensione quando si tratta di gestirla nel taglio o nella potatura: posso attendere ancora un po’ e lasciare magari anche quell’angolo incolto, risparmiando 2 litri di benzina del decespugliatore o qualche kW di elettricità del tosaerba, per godere della vista di qualche apina e del cinguettio di qualche uccello? Quanti litri d’acqua risparmio lasciandola più alta e non dovendola quindi irrigare in continuo perché non ingiallisca?

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